napoli misteriosa logo nuovo

Un portale a cura di Marco Ilardi

Cappella Cangiani a Napoli

Chiesa moderna con croce esterna e cielo azzurro.
Di cosa parla questo articolo
Facebook
Twitter
LinkedIn

Tra le strade trafficate che collegano la zona ospedaliera ai Camaldoli erge un gioiello emblema del Rione Alto: Cappella Cangiani. Questo luogo sacro, ricco di storia e significato, rappresenta una delle gemme della Napoli storica che ha vissuto numerosi interventi e rinnovi nel corso del tempo.

Nell’articolo che segue esploreremo la storia, l’architettura e la zona in cui sorge questa cappella cristiana – dall’architettura ormai molto moderna – che è cambiata nel corso degli anni proprio come sono cambiate le strade del Rione Alto e la società che le popola.

Cenni di storia

Cappella Cangiani è incastonata tra le zone dell’Arenella e l’Orsolone a Santa Croce. La sua origine risale a un’epoca in cui la città stava espandendo i suoi confini urbani e la necessità di istituire nuove parrocchie per soddisfare le esigenze spirituali della popolazione diventava sempre più urgente.

In particolare, la parrocchia di Cappella Cangiani venne istituita per definire il territorio di competenza delle chiese preesistenti di Santa Maria delle Grazie a Capodimonte, Santa Maria del Soccorso all’Arenella e di Santa Croce e Materdei. Questa nuova suddivisione territoriale risale al 1914 e ha segnato l’inizio di un nuovo capitolo nella storia religiosa e sociale di Napoli.

Tuttavia, oltre al suo significato ecclesiastico, la Cappella Cangiani ha anche un valore simbolico e identitario per la comunità locale. Il termine “Cangiani” è diventato sinonimo del circondario, identificando non solo la chiesa stessa ma anche l’intera area geografica che le gravita attorno. Questo legame tra toponomastica e storia locale evidenzia l’importanza culturale e sociale della Cappella Cangiani per i napoletani.

Le origini nel 1500

Risalente al 1575, questo luogo sacro affonda le sue radici nel fervore religioso e nella devozione di Antonio Cangiano, membro di una famiglia benestante che possedeva vaste proprietà nella zona, che costruì una modesta cappella intorno a un’immagine votiva di origine bizantina. Questa immagine, considerata miracolosa, era dedicata alla Vergine di Costantinopoli, e la celebrazione di una messa festiva attirava contadini e devoti dei dintorni.

Alla morte di Cangiano, per volontà testamentaria, la cappella e le case adiacenti passarono al Seminario Napoletano, che ne assumeva l’onere della messa festiva. Tuttavia, nel corso dei secoli, la gestione e la proprietà della cappella subirono varie vicissitudini. Dopo che gli eredi di Benedetto Cuomo, segretario della Gran Corte della Vicaria, non rinnovarono la concessione, la curia affidò la gestione della cappella a un sacerdote che abitava la casa sovrastante.

Questo affascinante intreccio di eventi storici e testamentari ha plasmato l’identità e il destino della cappella nel corso dei secoli, rendendola un punto di riferimento spirituale e culturale per la comunità locale. Anche se il suo status e la sua gestione sono cambiati nel corso del tempo, la cappella rimane un luogo di venerazione e devozione, testimone di una ricca tradizione religiosa e della fede del popolo napoletano.

La nuova chiesa nel 1900

Nel 1878, un giovane sacerdote di trent’anni, il canonico Federico De Maio, fece il suo ingresso nella chiesa, allora in pessime condizioni, portando con sé non solo la sua fede, ma anche un profondo desiderio di rinascita per quel luogo sacro. Grazie al suo impegno e alla sua passione, la chiesa fu restaurata e decorata, risplendendo di nuovo nella sua antica bellezza.

Tuttavia, il destino della chiesa prese una svolta significativa il 17 dicembre 1904, quando fu acquistata dal marchese di Busceni, don Alfonso Tufarelli. Insieme all’antica chiesa, fu acquisito un terreno adiacente, su cui fu eretto un nuovo luogo di culto, consacrato il 1º ottobre 1914. Nonostante le dimensioni non fossero imponenti, con una sola navata e un soffitto a volta illuminato da sei finestroni, la nuova chiesa riuscì a soddisfare appieno le esigenze della zona circostante.

Questo periodo di rinascita spirituale coincise con un’epoca di grande crescita e sviluppo per l’area, soprattutto con la creazione del moderno ospedale di Napoli nelle vicinanze. La nuova chiesa, che nel 1925 ottenne lo status di parrocchia autonoma, divenne così un punto di riferimento non solo per la comunità religiosa, ma anche per coloro che cercavano conforto e sostegno durante momenti di difficoltà e bisogno.

Così, attraverso il lavoro instancabile del canonico De Maio e l’investimento generoso del marchese di Busceni, la chiesa si trasformò da un luogo trascurato a un centro vibrante di fede e comunità, testimoniando il potere della rinascita e della determinazione nel preservare e valorizzare le antiche tradizioni spirituali.

Cappella Cangiani durante la II Guerra Mondiale

Oltre ad essere un luogo di preghiera e devozione, Cappella Cangiani è anche intrisa di storia e memoria legata alla Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale. Un episodio significativo risale al 22 agosto del 1943, quando nei pressi della cappella, allora immersa nella campagna, si svolse una riunione clandestina di 79 antifascisti provenienti da varie fazioni politiche. Tra di loro c’erano comunisti, socialisti, anarchici, membri del Partito d’Azione, liberali, soldati e marinai, tutti uniti nel tentativo di organizzare la resistenza al regime fascista.

L’obiettivo dell’incontro era stringere le fila del movimento clandestino e organizzare la distribuzione del giornale Il Proletario. Purtroppo, l’assemblea fu tradita da delatori e la polizia fascista intervenne, arrestando 49 dei partecipanti che furono denunciati al Tribunale Militare. Questo evento rappresentò una delle sfide più audaci alle autorità fasciste della città.

È interessante notare che il Partito Comunista ufficiale, pur essendo anch’esso antifascista, decise di boicottare l’assemblea e di non soccorrere gli arrestati. Fu invece il Partito Socialista e il Partito d’Azione a difendere i prigionieri, ottenendo infine l’ordine di scarcerazione per loro.

Tuttavia, la Resistenza nella zona non si fermò qui. Durante le celebri Quattro giornate di Napoli, avvenute circa un mese dopo, la zona intorno alla Cappella Cangiani fu teatro di scontri armati. Un episodio eroico coinvolse il sergente di Marina Giuseppe Maenza, che rifiutò di abbandonare il suo posto alla 106ª batteria contraerea, rimanendo solo a difenderla contro l’avanzata tedesca. Pur perdendo la vita sotto il fuoco delle mitragliatrici nemiche, la sua memoria è stata onorata con la Medaglia d’argento, simbolo del suo coraggio e della sua determinazione nella lotta per la libertà.

I cambiamenti nel dopoguerra

Negli anni sessanta e settanta del XX secolo, lo sviluppo edilizio incontrollato che caratterizzò la costruzione del Rione Alto evidenziò la necessità di una nuova chiesa per soddisfare le esigenze della comunità in espansione. Così, su progetto dell’architetto Alberto Izzo, nacque un complesso parrocchiale moderno e funzionale, situato su un terreno alle spalle della vecchia chiesa. Il nuovo edificio, costruito tra il 1969 e il 1974, fu consacrato nel 1976 dal cardinale Corrado Ursi.

La struttura architettonica di Cappella Cangiani

La struttura progettata da Izzo si distingue per la sua semplicità e dinamicità, in contrasto con l’imponente altezza degli edifici circostanti lungo via Mariano Semmola. La chiesa non si impone per la sua grandezza o monumentalità, ma per la sua disposizione architettonica che offre scorci prospettici in grado di valorizzare l’intera area.

All’ingresso della chiesa si trova un ampio piazzale che funge da sagrato, graduando il passaggio dalla città alla sacralità dello spazio religioso. Il campanile, slanciato e moderno, si erge maestoso accanto alla struttura principale.

Internamente, la chiesa è divisa in due sale assembleari sovrapposte, con una illuminazione naturale che penetra attraverso aperture triangolari sulla facciata principale e feritoie lungo le pareti. Un Crocifisso di Michelangelo Naccherino, trasferito dalla chiesa trecentesca dell’Incoronata in via Medina, è stato collocato all’interno della Cappella Cangiani, arricchendo il patrimonio artistico della nuova struttura.

Oltre alla sua funzione religiosa, il complesso parrocchiale ospita anche spazi dedicati alla cultura e allo sport, tra cui un cineforum, un piccolo teatro, un campo da basket e la sede della Polisportiva Pro-Cangiani, contribuendo così a creare un centro di aggregazione e vitalità per la comunità locale.

Il contesto: tra l’Arenella e Santa Croce

La zona dell’Arenella a Napoli è stata testimone di un’evoluzione significativa nel corso dei secoli, passando da un ambiente prevalentemente rurale a un’area urbana densamente popolata.

In passato, l’Arenella era caratterizzata da ampie distese di campi coltivati, punteggiate da piccoli villaggi e fattorie sparse. La sua posizione panoramica, con vista sul golfo di Napoli, la rendeva un luogo ideale per l’agricoltura e la pastorizia, contribuendo alla sussistenza della popolazione locale. Le strade erano strette e tortuose, circondate da vigneti e orti, la vita ruotava attorno ai cicli delle stagioni e alle tradizioni rurali.

Tuttavia, con l’espansione della città e l’arrivo dell’era industriale, l’Arenella ha subito una trasformazione radicale. I terreni agricoli sono stati progressivamente urbanizzati, dando spazio a nuove residenze, strade e infrastrutture. Negli anni del boom economico degli anni ’60 e ’70, l’Arenella ha visto una rapida crescita demografica, con la costruzione di numerosi complessi residenziali e la formazione di quartieri sempre più popolati.

Oggi, l’Arenella è una zona urbana caratterizzata da una miscela di edifici residenziali, attività commerciali e servizi pubblici. Le strette vie di una volta sono state sostituite da ampie strade trafficate, mentre i campi e i vigneti sono stati rimpiazzati da parchi e giardini pubblici.

Dall’altro lato troviamo, invece, la zona di Santa Croce all’Orsolone: situata all’apice della collina dei Camaldoli a Napoli che rappresenta un territorio dalle radici antiche e misteriose. Conosciuta anche come casale di Santa Croce a Canocchia, questa vasta area ha una storia complessa e articolata, spesso trascurata dagli studiosi e poco conosciuta anche dai napoletani.

Secondo il dizionario ragionato del Giustiniani, la salubrità dell’aria e dell’ambiente ha reso questa zona attraente per gli insediamenti umani fin dai tempi antichi. I contadini provenienti da Chiaiano, Polvica e Miano preferirono stabilirsi qui per le loro attività silvo-pastorali, contribuendo alla crescita e allo sviluppo della comunità locale.

Nonostante la sua importanza storica, le prove monumentali del periodo antico sono quasi del tutto assenti, lasciando spazio a una moltitudine di confini e relazioni sociali e religiose che hanno plasmato il carattere unico di questa zona nel corso dei secoli. Santa Croce all’Orsolone ha avuto legami territoriali con diverse aree circostanti, tra cui Antignao, l’Arenella, Capodimonte e la Canocchia, contribuendo a una complessa rete di relazioni e influenze.

La sua esatta data di nascita come zona ben definita rimane poco chiara, così come i momenti storici che hanno segnato la sua evoluzione e il suo rapporto con la città di Napoli. Tuttavia, il lavoro cartografico di padre Camillo Degetto ha contribuito a delineare con precisione le strutture immobiliari che caratterizzano il territorio di Santa Croce, inclusi importanti istituti come la Clinica Psichiatrica, Villa Camaldoli, l’ospedale Vincenzo Monaldi e altri ancora.

Franco Schiattarella, nell’ambito della ricerca sulla storia della parrocchia di Santa Croce, evidenzia come questa zona sia stata attratta nel corso dei secoli da varie giurisdizioni e centri di potere, tra cui Cuma, Pozzuoli, Capua e altri ancora, suggerendo un’importanza strategica e un interesse storico che vanno oltre i confini di Napoli.

© RIPRODUZIONE VIETATA

È vietato che l’ articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito.
Per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in questo sito, anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale, è sempre obbligatoria l’indicazione della fonte e/o l’inserimento di un link diretto alla pagina di riferimento.

Altri articoli che potrebbero interessarti