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Chi è Pappagone?

Uomo in smoking ride in bianco e nero.
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Gaetano Pappagone, nato dalla genialità di Peppino De Filippo (fratello dell’indimenticabile Eduardo) nel lontano 1966, è una di queste iconiche figure. Questo articolo si propone di esplorare il mondo affascinante e intriso di allegria di Pappagone, analizzando il suo ruolo nella cultura popolare napoletana e la sua atemporalità nel regalare sorrisi e momenti di leggerezza al pubblico. Attraverso una riflessione approfondita, scopriremo come questo personaggio sia riuscito a lasciare un’impronta indelebile nel cuore degli spettatori, diventando un vero e proprio simbolo di spensieratezza e divertimento.

Chi è Pappagone?

Creato nel lontano 1966 all’interno del programma televisivo “Scala reale” e magistralmente interpretato dal grande Peppino De Filippo, Pappagone divenne presto il suo alter ego autoironico, incantando il pubblico con la sua comicità unica.

Le gesta di Pappagone, sia sul piccolo schermo che sulle onde radio, così come nella colorata pagina di un fumetto, hanno catturato l’immaginazione di intere generazioni. Questo personaggio affabile e innocente, sempre pronto a dare una mano al suo datore di lavoro, il Commendator De Filippo, spesso finisce per complicare le situazioni più di quanto riesca a risolverle.

Il suo stile comico, ispirato alla tradizione della commedia dell’arte e intriso di elementi slapstick, lo rende una sorta di moderno Pulcinella o Arlecchino. Tuttavia, la sua ingenuità e la sua innata bontà d’animo lo rendono estremamente affascinante e simpatico agli occhi dello spettatore.

È importante sottolineare che, nonostante il suo debutto risalga a diversi decenni fa, il fascino di Pappagone non è affatto antiquato. Al contrario, il suo spirito allegro e contagioso continua a incantare anche le generazioni più giovani, dimostrando la sua atemporalità e la sua capacità di suscitare risate e allegria in ogni epoca.

L’alter ego di Peppino De Filippo

Procediamo con ordine: un alter ego è una seconda personalità o un’altra identità che una persona può assumere o creare, spesso come meccanismo per esprimere parti di sé che potrebbero essere rese più difficilmente in altre situazioni. L’alter ego può essere utilizzato come strumento creativo, come nel caso di artisti che creano personaggi o avatar per rappresentare aspetti diversi della propria personalità o per esplorare temi specifici nei loro lavori. Inoltre, può essere utilizzato come un modo per separare la vita personale da quella professionale, consentendo alla persona di agire in modo diverso da come farebbe normalmente. In alcuni casi, l’alter ego può diventare così prominente e distintivo che assume una vita propria, diventando quasi una figura separata dalla persona che l’ha creata.

Anche Peppino De Filippo, proprio come Totò, ha avuto il suo personaggio d’elezione: Pappagone. Nato dalla penna creativa di De Filippo e probabilmente ispirato al cuoco Gaetano Esposito della commedia “I casi sono due” di Armando Curcio, Pappagone è emerso come una figura caratteristica, tanto pasticciona quanto bonaria.

Se Esposito era noto per la sua propensione alla menzogna e all’imbroglio, De Filippo ha sapientemente trasformato queste caratteristiche in un personaggio dal cuore d’oro, ma dall’intelligenza limitata. La sua ingenuità e il suo modo unico di storpiare la lingua italiana hanno fatto di lui un’icona amata non solo dagli adulti, ma anche dai più piccoli.

Gran parte del fascino comico di Pappagone si basa sull’estrema ignoranza del personaggio, che si traduce in situazioni esilaranti e dialoghi surreali. Tuttavia, dietro questa facciata di goffaggine si cela una profonda abilità nel suscitare risate e nel conquistare il pubblico con il suo irresistibile mix di innocenza e pasticci.

La celebre filastrocca di Gaetano Pappagone

Ancora oggi, tra le viuzze animate e i colori sgargianti  della città partenopea, risuona la voce giocosa di Gaetano Pappagone. Questo celebre personaggio della cultura partenopea incanta i cuori dei piccoli e dei grandi con le sue filastrocche allegre e irriverenti. Qui di seguito, ne citiamo solo una delle più celebri.

Mi chiamo Pappagone,
sono un grande ignorantone.
Quando parlo l’italiano
non si sa se son siriano,
turco, russo, oppure che…
e vi dico il piriché:
Quando al mondo son venuto
il cervello s’è perduto.
Una lingua mal creata
la favella m’ha ‘nguaiata.
Sulla testa i miei capelli,
sempre ruvidi e ribelli,
sull’occipite un riccetto
fa più stupido il mio aspetto.
Sì lo so che sono fesso,
ma felice son lo stesso.
Già che al mondo ci si viene
una volta, allor conviene
che la vita te la spassi
senza misurare i passi.
Se vuoi vivere felice,
non sentir quel che si dice.
Fai lo scapolo e vedrai
sempre libero sarai.
Se vuoi star di buon’umore
non recarti dal dottore
puoi curar le malattie
sempre stando in allegria.
Chi di solito si lagna
la scalogna l’accompagna.
Se vuoi farti molti amici,
fatti prima assai nemici.
Ti diran che sei sincero
solo se non dici il vero.
Non uscire con l’ombrello
quando fuori il tempo è bello.
Quando scoppia il temporale,
mangia pepe, pane e sale…
Più la rima non mi viene
e finire mi conviene.
Questa storia, si capisce,
non aiuta, né istruisce.
E’ servita solamente
per sentirci allegramente.
Ora fo’ corna e bicorna
ed a casa me ne torno.
Pappagone se ne va
ripetendo ecque qua!

“Ricorda i tempi di Pappagone” che significa?

Questa espressione potrebbe trarre le sue radici da una storpiatura linguistica del nome “Pappacoda”, appartenente a una delle antiche famiglie nobili di Napoli.

Le tracce della famiglia Pappacoda risalgono addirittura al XIII secolo, quando la dinastia degli Angiò dominava la città partenopea. La loro presenza, salda e influente negli affari della città, probabilmente ha plasmato l’immaginario popolare napoletano, dando origine a questo detto. La storpiatura del nome, tipica dello spirito canzonatorio della lingua napoletana, ha contribuito a cristallizzare questa connessione nel tempo.

Un simbolo tangibile dell’antica influenza dei Pappacoda è il Palazzo omonimo, eretto nel 1443 per volere di Artusio. Benché la struttura originale sia stata demolita durante il Risanamento di Napoli per fare spazio a un’arteria stradale più ampia, alcune testimonianze sopravvivono. Il portale marmoreo e gli stemmi di facciata, salvati dall’oblio, trovano ora dimora nel nuovo edificio che ospita il museo di mineralogia, zoologia e antropologia della città.

Tuttavia, la memoria dei Pappacoda non è del tutto svanita nel tempo. La Cappella Pappacoda, simbolo della famiglia e della sua eredità architettonica, è stata recentemente restaurata e riaperta grazie all’impegno di associazioni di volontariato e al sostegno delle istituzioni locali. Questo splendido esempio di conservazione del patrimonio storico napoletano continua a custodire i segreti e le tradizioni di una famiglia che ha contribuito a plasmare il volto della città nel corso dei secoli.

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